martedì, settembre 29, 2009

Se firma non è un buon presidente.


Il resto è fuffa. Napolitano sappia che la storia lo giudicherà.

Fonte: Corsera
Scudo fiscale, dal Colle verrà un sì, L’ipotesi è che il capo dello Stato chieda chiarimenti su alcuni aspetti delle misure

ROMA - La pressione del centro­sinistra contro lo «scudo fiscale» sta aumentando in modo vistoso. Ed è possibile che alla fine il Quirinale chieda al governo qualche chiarimen­to, o puntualizzi alcuni aspetti del de­creto: magari affidandosi ad una no­ta. Ma l’impressione è che Giorgio Napolitano si prepari a prendere atto del provvedimento ed a firmarlo, non a respingerlo. Per dare corpo al­la violazione di qualche principio del­la Carta fondamentale non basta che l’opposizione additi una sorta di am­nistia mascherata; né che usi aggetti­vi come «incostituzionale ed immo­rale ». Per il capo dello Stato conta di più che palazzo Chigi abbia accettato di modificarlo, escludendo dallo «scudo» i processi in corso.

Nonostante perplessità palpabili, l’esigenza è di non creare confusione e tensioni, bloccando gli effetti che il decreto sta già producendo dopo l’approvazione; e di permettere al go­verno un margine di manovra finan­ziaria altrimenti azzerato dalle di­mensioni della crisi. Le parole non proprio ottimistiche usate ieri a Na­poli dal ministro dell’Economia, Giu­lio Tremonti, trasmettono una sensa­zione di urgenza e di limbo psicologi­co. «È stata evitata la catastrofe, la cri­si è in fase di rallentamento ma non si può immaginare che si apra una stagione dell’oro nel bacino del Medi­terraneo. Quindi bisogna fare in fret­ta », ha ammonito Tremonti alluden­do alla questione del Mezzogiorno. Lo «scudo fiscale» sembra inserir­si in questa logica. D’altronde, la stes­sa possibilità del rinnovo dei contrat­ti del pubblico impiego viene fatta di­pendere proprio dal rientro dei capi­tali dall’estero degli evasori. È una misura che il governo presenta in piena emergenza; e che soltanto in un contesto del genere può essere as­secondata. Ma si tratta di un epilogo destinato a scontentare il centrosini­stra; e ad incrinare ulteriormente i rapporti fra Napolitano e quel fram­mento corposo di opposizione riuni­to intorno ad Antonio Di Pietro. Le pregiudiziali di costituzionalità pre­sentate ieri sia dal Pd, sia dall’Idv so­no la conferma di una polemica in crescendo; e forse della consapevo­lezza che il presidente della Repubbli­ca sta mettendo da parte gli ultimi dubbi.

Gli uffici del Quirinale stanno esa­minando ogni riga delle modifiche. Ma il «sì» viene dato per scontato. È inverosimile, tuttavia, che crei un fossato fra il partito di Dario France­schini ed il capo dello Stato. Fra l’al­tro, proprio ieri Napolitano ha dato atto alle «forze fondamentali dell’op­posizione » di avere sempre sostenu­to le missioni militari all’estero: una precisazione tesa a bilanciare l’attac­co alla sinistra fatto domenica da Sil­vio Berlusconi sull’Afghanistan. Pa­lazzo Chigi ha cercato di giustificare il premier, spiegando che in realtà non polemizzava con l’opposizione parlamentare ma solo con l’estremi­smo: quegli «episodi di becera e inde­gna contestazione» che il Quirinale ha liquidato come gravi ma margina­li. Ma dopo avere circoscritto un pos­sibile focolaio di tensioni in politica internazionale, Napolitano sa di do­vere affrontare contraccolpi quasi scontati in caso di «sì» al decreto che corregge quello anticrisi. L’altolà so­lo apparentemente supplichevole che gli arriva da Di Pietro lascia im­maginare i passi successivi. Il leader dell’Idv esordisce infatti assicurando di non voler minacciare il capo dello Stato: precisazione in sé già un po’ singolare. Preferisce invece presen­tarlo come una vittima di Berlusco­ni. Scarica sul leader del centrode­stra le intenzioni più bieche, accusan­dolo di avere «fregato il braccio» di Napolitano che gli aveva «dato il di­to ». Insomma, tende a raffigurare l’in­quilino del Quirinale come un inge­nuo che avrebbe però un’ultima ri­sorsa per impedire «un atto di rici­claggio ad opera di rei e favoreggiato­ri »: non firmare lo «scudo fiscale», che sarà approvato domani dalla Ca­mera e giovedì diventerà legge. È un’esortazione dal sapore strumenta­le, perché il decreto contiene le modi­fiche chieste da Napolitano e norme già operative. Ma può diventare la premessa per manifestare tutta la de­lusione dipietrista nei confronti del presidente della Repubblica, e maga­ri di un Pd troppo ragionevole; e per ripresentare il leader dell’Idv come unico vero oppositore di Berlusconi.

Massimo Franco

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