venerdì, novembre 12, 2010

Tette & culi

Questo articolo dall'Espresso mi dà la stura per una riflessione. Si è preso in giro Veltroni, non un gigante forse, ma un buon mestierante della politica, perché aveva osato recuperare "opere" come quelle di Alvaro Vitali o della Fenech, ma rispetto a quello che andava in onda per anni erano davero quasi dei film per bambini. Boiate che sono state per anni giustificate come una schifezza quale Drive In di Antonio Ricci (che ha firmato puttanate da brivido e che continua a farlo) e poi va anche a tenere incontri alla Sorbona, dove lo fischiano giustamente. Perché essere correo dell'imbarbarimento del paese e poi cercare di fare quello antisistema, può funzionare solo nel Belpaese. Altrove ti sgamano. Colpo Grosso era per farsi le seghe a 12 anni, ma francamente definirlo porno-soft mi sembra troppo. Poi definire Smaila un musicista è davvero un po' esagerato. Ma evidentemente i termini di riferimento sono quelli.

Ora e sempre Colpo Grosso

di Marco Belpoliti
Vi ricordate la trasmissione porno-soft di Umberto Smaila, negli anni '80? Bene, il berlusconismo era già tutto lì. Il premier non ha fatto altro che diffonderlo e trasformarlo in regime
(11 novembre 2010)
Al principio è stato "Colpo grosso", il primo sexy-varietà della tv italiana, come lo definisce Aldo Grasso. Lo conduceva Umberto Smaila, detto "Smaiala". Due partecipanti, un uomo e una donna, giocavano alla roulette; a ogni vincita spogliavano a turno quattro ragazze e quattro ragazzi dell'avversario, se invece perdevano, dovevano spogliarsi loro. Pare che all'epoca, anno 1987, fossero centinaia gli aspiranti partecipanti: studentesse, casalinghe, impiegati. L'avanguardia delle veline e del "Grande fratello". Era trionfo del voyeurismo; di più: voyeurismo nel voyeurismo del piccolo schermo.

La televisione berlusconiana è stata la grande fonte dell'immaginario sessuale del Capo: gioco collettivo, orgia visiva, scherzo, risata, battuta salace, sessualità pecoreccia, e soprattutto evasione dalla vita stessa, dalla sua insopportabile quotidianità. Non più tenuto a freno dalle ideologie, dal comunismo e dal cattolicesimo, diventati residuali, come aveva capito a metà degli anni Settanta Pasolini, "Colpo grosso" è andato al potere. Si è trasferito dagli studi di Italia 7 ai palazzi della politica italiana, dai set televisivi alle ville del Capo. Siamo così passati nel giro di pochi anni dalla pornocrazia alla mignottocrazia, di cui hanno scritto di recente Filippo Ceccarelli e Andrea Cortellessa. Se si deve immaginare cosa succede nelle varie residenze del presidente del Consiglio, cosa che scandalizza milioni di italiani, ma insieme ne eccita la curiosità, basta ritornare alla trasmissione di Smaila e portare alle estreme conseguenze ciò che là avveniva sotto gli occhi dei telespettatori arrapati.

Per descrivere l'immaginario sessuale del Capo, basta rifarsi a due luoghi virtuali e insieme reali: la televisione e la discoteca. Del resto, la favolosa residenza sarda, Villa Certosa, da quanto se ne sa da fotografie, libri, descrizioni, testimonianze, è queste due cose insieme: tv e discoteca. Le stesse ambientazioni che le pagine dei settimanali gossip, "Chi" in testa, hanno mostrato con dovizia di dettagli nell'ultimo decennio. Apparire sotto i riflettori, per una visione voyeuristica in cui tutto è eccessivo, ridondante, kitsch. Quello che si vede, o s'immagina, attraverso gli ormai interminabili racconti delle escort, delle divette, delle minorenni, delle attricette e delle comparse, appartiene a un set cinematografico di un porno show casalingo. Il Capo come Walt Disney e Michel Jackson, la residenza come Disneyland e Neverland: case arredate con letti rotondi, grotte con cascate d'acqua, statue, giostre, piscine, vasche per idromassaggi, luci stroboscopiche, vari set che fungono da palcoscenico, passerella, con scenografie rutilanti. Tutte attrezzature e ambientazioni da Peter Pan fallico ed ossessivo: nei loro allestimenti le ville e residence tradiscono qualcosa d'infantile.

Vengono in mente due diversi film, opposti e simmetrici: "Salò Sade" di Pier Paolo Pasolini e "Eyes Wide Shut" di Stanley Kubrick, dove il paradigma dell'occhio, è assolutamente dominante. L'orgia fascista del primo, e quella massonica del secondo, hanno come scopo il ribadire il potere assoluto sui corpi, un potere prima di tutto visivo, oltre che fisico e sessuale. E mentre Pasolini ci conduceva verso il girone finale della Repubblica Sociale, dietro cui leggiamo la società massificata e omologatrice degli anni Settanta, la sua mutazione antropologica, la visione apparentemente amorale di Kubrick ci fa invece comprendere come la sessualità liberata delle società occidentali abbia un proprio rovescio, un luogo supremo, immaginario e reale al tempo stesso, su cui si fonda la fantasia onnipotente della sessualità priva di vincoli.

Berlusconi con le sue ambientazioni, degne di film di serie B, ci mostra entrambe le possibilità, anzi le fonde con i riti osceni, creando un lessico parossistico e volgare che travolge l'immaginario dell'intero Paese: mentre lo scandalizza, lo attrae, più o meno consapevolmente, verso quella zona buia che è in tutti noi. La zona grigia del sesso.
 
Villa Certosa, magione neroniana, si presenta come uno spazio dove ci aspetta da un momento all'altro di veder apparire Roger Rabbit, in una confusione di realtà e cartone animato, attori in carne e ossa e figure virtuali. Collezioni di farfalle di paesi tropicali si alternano ai quadri kitsch di giovani artiste, nanetti ed elfi spuntano da tronchi e radici del giardino, in una confusione di alto e basso che è propria del PopCamp: un travestimento psichico, una perversione segnica, aberrazione costante del dandismo nella sua versione massificata da pornoshop. Tutto questo senza però l'ironia, il mascheramento comico e deformante del PopCamp, un gusto che già in "Colpo grosso" virava verso una forma di transessualismo culturale incarnato da Maurizio Paradiso, il transessuale successore di Smaila alla guida del programma nel 1991.

Al di là del machismo e del maschilismo che il rito del Bunga Bunga sembra trasmettere, con la sua evidente violenza verbale, prima ancora che fisica, l'immaginario sessuale di Silvio Berlusconi comunica una forma di transessualità che è il carattere proprio della sua stessa televisione: ambiguità dei ruoli, scambio di maschile e femminile, abolizione delle differenze, in un pansessualismo che è il vero portato del paganesimo postmoderno.

In un episodio sintomatico, narrato da Berlusconi stesso, nel 1988 un tifoso del Milan, dopo la partita vinta dalla squadra, si getta sul cofano dell'auto del Presidente che esce dallo stadio e urla: "Silvio sei una bella figa!". Il più bel complimento della mia vita, commenta il Capo. Il desiderio di sedurre, come se fosse una donna, il proprio pubblico, gli elettori, le donne e anche gli uomini, i concorrenti e gli avversari, è la vera natura profonda di questo Walt Disney della pornografia casareccia. Come ha visto Franco Cordelli nel romanzo, "Il Duca di Mantova", Berlusconi è lui stesso un travestito, che tuttavia non pare intenzionato a gettare la maschera, per quanto ossessionato non solo dal sesso femminile, ma anche dal proprio stesso sesso maschile.

Il signore del nostro "Eyes Wide Shut" - "occhi spalancati chiusi" - conserva nel suo rituale di potere anche tracce dei regimi politici del passato. In una delle sale della sua macchina-dei-divertimenti in Sardegna, raccontano gli ospiti, sopra ad un camino, è appeso un trittico, tre quadri che raffigurano tre ragazze nude sovrastate da una ghirlanda, un'opera simile, per dimensioni, argomento e visione, a quella che adornava la magione a Monaco di Adolf Hitler e che oggi è temporaneamente esposta al Guggenheim di New York nella mostra "Caos and Classicism", dedicata all'arte tedesca, francese e italiana tra le due guerre. Anche noi viviamo forse un periodo simile: molto caos, e ben poco classicismo. Da "Colpo grosso" al kitsch pecoreccio di Bunga Bunga il percorso è davvero breve, anche se copre l'arco di ventitre anni della nostra vita. Troppi.

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