Fonte Corsera
L'ex collaboratrice di Pianetta (Pdl): «Ebbi un incarico sul glucosio, ma non so cos'è»
La pentita e le pressioni del senatore
per i fondi dati al San Raffaele
I verbali di Perla a Milano. «Assunta come consulente per due mesi»
L'ex collaboratrice di Pianetta (Pdl): «Ebbi un incarico sul glucosio, ma non so cos'è»
La pentita e le pressioni del senatore
per i fondi dati al San Raffaele
per i fondi dati al San Raffaele
I verbali di Perla a Milano. «Assunta come consulente per due mesi»
«Mi disse che sia Berlusconi che don Verzé gli dovevano la candidatura - ha dichiarato la donna riferendo le parole di Pianetta, oggi deputato del Pdl -, gli chiesi il perché e mi disse che erano stati dati parecchi soldi al San Raffaele, o meglio a Don Verzé, destinati alla costruzione di ospedali e non solo, anche nel Terzo mondo. Questi soldi erano dello Stato, e non erano stati utilizzati interamente per queste cose». Pianetta si sarebbe confidato con la Genovesi nella primavera del 2006, quando erano in discussione le ricandidature per le elezioni politiche, e per questo - secondo la «pentita» - il senatore pretendeva la riconferma che poi ottenne; aveva agevolato, tramite la commissione che presiedeva, questi stanziamenti.
«Gli chiesi quanti soldi più o meno si erano intascati grazie a lui, e mi disse che era il valore di una finanziaria». Cioè di una legge finanziaria. La donna Genovesi parla, genericamente, di «miliardi»; lei stessa, stando al suo racconto, credeva che il senatore esagerasse, ma lui le avrebbe confermato che si trattava di somme molto ingenti: «La fetta più grossa, oltre a don Verzé, era stata assicurata, non so sotto quale forma, sicuramente non in maniera diretta, al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Lì io rimasi di stucco».
Queste dichiarazioni dell'indagata-testimone (che ora si trova agli arresti domiciliari) dovranno essere valutate per controllare se possano configurare ipotesi di reato a carico di qualcuno, e poi eventualmente verificate e riscontrate. Perla Genovesi infatti, in maniera a volte confusa e comunque in termini sempre piuttosto generici, riferisce ciò che le avrebbe detto una terza persona, il senatore Pianetti. Al quale pure, secondo il racconto della «pentita», erano state garantite erogazioni di denaro: «Mi disse che gli avevano promesso sui centocinquantamila euro, che erano briciole in confronto a quelli che avevano preso loro e Berlusconi, che gliene avevano dati sono una piccola parte, non ricordo se venti, trenta, quaranta o cinquantamila. Mi disse che il resto non gliel'avevano più dato, e che lo stava ancora aspettando».
Gli inquirenti hanno cercato di saperne di più, ma la donna ha saputo spiegare solo che attraverso alcune delibere della commissione Diritti umani di Palazzo Madama guidata da Pianetta erano stati finanziati progetti «per costruire ospedali in Brasile, mi sa anche in altri posti», ma che «le cose che andavano a fare non erano che una piccola parte. Erano gonfiate». Secondo la donna le opere sarebbero state realizzate solo in parte: «Da quello che so usavano ditte proprie, così i soldi rimanevano in casa. Ditte loro che sembravano ditte esterne, invece erano loro, sempre con prestanome».
Il racconto della «pentita» contiene pochi riscontri. Uno potrebbe derivare da un particolare che sembrerebbe collegato ai rapporti fra il parlamentare di Forza Italia di cui era collaboratrice e l'ospedale fondato da don Verzé, il sacerdote novantenne molto vicino a Silvio Berlusconi. Per farle avere un compenso, l'allora senatore Pianetta inviò Perla Genovesi proprio al San Raffaele: «Mi disse che avrei preso cinquemila euro al mese per due mesi, in totale diecimila euro». Agli inquirenti la donna, diplomata «come tecnico dei sevizi sociali», ha mostrato una pagina del contratto di consulenza che sostiene di aver firmato.
Su quel foglio sono indicate «analisi», studi relativi «al metabolismo regionale di glucosio in oncologia» e «traduzione di testi dall'italiano all'inglese». Ma a specifiche domande dei pubblici ministeri la Genovesi dice di conoscere l'inglese senza essere in grado di tradurre testi, e di non sapere alcunché del metabolismo in oncologia. Si accorse delle mansioni che le erano state teoricamente affidate al momento della firma, nell'aprile del 2006, subito dopo la rielezione di Pianetta: «Rimasi un po' basita. Ma cos'è il glucosio?». Afferma di aver pensato che comunque le stavano dando una possibilità che avrebbe voluto sfruttare: «Chiesi all'impiegato che mi stava facendo firmare il contratto quando avrei iniziato, e dove sarei dovuta andare. L'impiegato mi sembrava alquanto imbarazzato alla mia domanda. Non rispose, abbassò la testa e lì capii che non sarei mai andata a fare quel lavoro». Però i soldi li prese - tramite bonifici sul suo conto corrente, racconta - e aggiunge in maniera non molto chiara che il senatore Pianetta gliene chiese una parte, ma lei aveva già speso quasi tutto. Dunque avrebbe intascato dall'ospedale di don Verzé diecimila euro netti. E a specifica domanda degli inquirenti se sia mai andata a lavorare al San Raffaele, la «pentita» risponde: «No, mai».
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