domenica, giugno 01, 2008

'O miracolo


Sergio Rizzo per il “Corriere della Sera”

Esiste un ente pubblico, in Italia, dove si può arrivare all'apice della carriera senza averci mai lavorato un giorno: l'Inps. Il miracolo si deve a Gian Piero Scanu, ora senatore del Pd, ex sottosegretario ed ex consigliere dell'ente. La sua avventura all'istituto di previdenza comincia nel 1999, quando il governo di Massimo D'Alema lo nomina nel consiglio. Titoli ne ha a bizzeffe. Ma oltre a una laurea in Scienze politiche sono soprattutto politici.

Prima di sedersi su quella poltrona è stato delegato della Cisl in un'azienda di Olbia, poi sindaco della città, quindi parlamentare del Ppi dal 1994 al 1996. Il governo di centrosinistra gli assegna uno dei due posti che nei consigli degli enti previdenziali sono destinati per legge a "esperti scelti tra i dirigenti della pubblica amministrazione", sulla base, evidentemente, dell'incarico che in quel momento Scanu ricopre nell'azienda autonoma di soggiorno di Olbia, dove è «inquadrato nella qualifica dirigenziale dei funzionari della Regione Sardegna».

Dura fino al novembre 2002, quando il ministro del centrodestra, Roberto Maroni, commissaria l'ente. Ma un anno e mezzo dopo Scanu, esponente di spicco della Margherita, viene ripescato nel nuovo consiglio. E qui viene il bello. Perché sei mesi più tardi, il 14 dicembre del 2004, il direttore generale dell'ente previdenziale Vittorio Crecco stabilisce il suo trasferimento «in mobilità» dai ranghi della Regione Sardegna a quelli dell'Inps, dove viene inquadrato come «dirigente di seconda fascia» fuori ruolo.

Per quale motivo Scanu debba passare all'Inps, è un mistero. In base alle norme vigenti l'operazione tuttavia non fa una grinza, anche se è quantomeno singolare che una persona possa venire assunta come dirigente dall'ente pubblico del quale è amministratore. Tanto più se si considera che Scanu nel consiglio dell'Inps è il titolare delle deleghe sul personale.



Passano appena quindici giorni e arriva una seconda sorpresa. Il Senato approva un ordine del giorno presentato dal senatore di An Riccardo Pedrizzi, che stabilisce il principio secondo il quale l'incarico di consigliere di Inps, Inail, Inpdap o Ipsema, ottenuto in qualità di «esperto scelto fra i dirigenti della pubblica amministrazione » equivale a quello di dirigente generale, cioè al massimo grado. Proprio il caso di Scanu e pochi altri, che in questo modo, terminato l'incarico da consigliere, potranno conservare stipendio, scrivania e segretaria: questa volta a tempo indeterminato. E non è poco.

Intanto si avvicinano le elezioni politiche e i sondaggi danno Berlusconi in picchiata e l'Unione in orbita. Scanu si candida con il centrosinistra ma non ce la fa: si consola con un posto da sottosegretario alla Funzione pubblica. Anche se l'Inps a quel punto sembra solo un lontano ricordo, la pratica va avanti. Per far diventare effettivo il principio sancito dal Senato servono ancora alcuni passaggi, l'ultimo dei quali è l'approvazione del consiglio di amministrazione dell'ente.

Per arrivarci sono tuttavia necessari un paio di semafori verdi dal ministero del Lavoro e dal Tesoro. Il primo si accende subito: il direttore generale della previdenza di quel dicastero, Maria Teresa Ferraro, dà il via libera alla tesi secondo cui chi è stato consigliere «esperto» dell'istituto può diventare «automaticamente » massimo dirigente dell'Inps. Il ragioniere dello Stato Mario Canzio sostiene invece che la cosa non sta né in cielo né in terra.

Inevitabile a quel punto, per il ministero del Lavoro, chiedere il parere di rito al Consiglio di Stato. Che alla fine, nel luglio 2007, dà ragione al Lavoro, con una piccola variante: chi è stato consigliere dell'Inps in qualità di «esperto» può essere sì nominato direttore generale dell'ente, ma il passaggio non è da considerarsi automatico. Bisogna che si liberi un posto, ma considerando l'età dei massimi dirigenti dell'Inps non è un problema. Il consiglio di amministrazione dell'Inps ratifica, pur con il parere decisamente negativo del presidente Gian Paolo Sassi.

Il cerchio si chiude così. Scanu va in Senato e probabilmente non diventerà mai dirigente generale dell'Inps. Almeno per i prossimi cinque anni. Quando terminerà il mandato parlamentare sarà prossimo ai 60 anni. Magari verrà rieletto, o avrà maturato i requisiti per la pensione. Ma il principio, quello resterà: preziosa eredità che il senatore Scanu lascia agli «esperti scelti fra i dirigenti pubblici» che avranno la fortuna di essere fra i lottizzati di un ente di previdenza.

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