venerdì, giugno 06, 2008

Cavaliere show



Cavaliere show
di Edmondo Berselli
Toni moderati. Uno stile da statista. Una politica fatta di annunci. Fra soluzioni corporative. Operazioni di facciata. E un drappello di ex socialisti in prima linea. Così Berlusconi punta a prolungare la luna di miele con gli italiani


Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi È una vera mutazione genetica quella di Re Silvio? O invece la metamorfosi del Cavaliere nel monarca buono è l'ultimo miracolo all'italiana, il vecchio stellone, la fortuna che aiuta gli audaci, e anche i mediocri, in un clima di volemose bene e tenemose stretti? E che cosa rappresenta l'ultima incarnazione di Berlusconi, lo 'statista', con le sue parole moderate, l'ottimo rapporto con l'opposizione veltroniana e la concessione del governo ombra, la consapevolezza che evidentemente il momento è difficile e occorre remare insieme?

Fermi tutti. Prima di parlare di Berlusconi è opportuno mettere a fuoco l'atmosfera generale. Si è sentito un lungo sospiro di sollievo, dopo le elezioni del 13-14 aprile, come se si fosse liquidata un'anomalia storica: non tanto il conflitto d'interessi e quelle inezie lì, che ancora preoccupano quei provinciali di europei, con il malanimo dei loro pregiudizi che promana dai loro media, e neanche le misure contro l'immigrazione irregolare; ma piuttosto, guarda un po', l'anomalia vera, quella rappresentata dalla sinistra, dalla sua persistenza storica a dispetto della modernità. E dalla sua pretesa di competere per conquistare, chissà quando, il diritto al governo.

Fine. Amen. Liquidato Prodi, dimenticati Padoa-Schioppa e Visco. De mortuis nihil nisi bene. Il 33,1 per cento del Partito Democratico rappresenta il confine in cui vive una specie protetta, gli ultimi uomini rossi dell'Amazzonia, che se rinunciano a scagliare frecce e zagaglie contro gli aerei della civiltà, e del Popolo della libertà, verranno amabilmente tollerati dal nuovo ordine, in apposita riserva.

Già, dal 1996 in poi il centrosinistra era stato una spina nel fianco. Adesso, invece, a quel terzo di italiani che hanno votato per il Pd va riconosciuto lo speciale diritto all'opposizione: ma niente di più. Al massimo, se i 'democrat' coltivano ubbie politiche, gli si può concedere
la possibilità di cooperare, di collaborare, di concorrere, specialmente sul fronte delle riforme costituzionali: anche Umberto Bossi ha capito che è inutile rivoluzionare lo Stato, come era stato tentato con la devolution, se poi si rischia la bocciatura al referendum successivo.

E dunque eccolo qui il Berlusconi statista. Eccolo che si ravvia i capelli alla cerimonia del 2 giugno, eccolo che si precipita a Napoli promettendo soluzioni fulminee al problema dei rifiuti (fulminee si fa per dire: tre anni). Ed ecco intorno a lui un consenso liberatorio, come se il paese, e soprattutto l'establishment nazionale, non aspettasse altro che la vittoria totale del Cavaliere, come se Berlusconi fosse il destino, l'autobiografia della nazione, la sua identità più intima.


Papa Benedetto XVI Lui, perfetto Zelig, è entrato nella parte. All'assemblea della Confindustria guardava con suggestiva complicità la Marcegaglia fino a esclamare "Forza Emma!" senza cedere alla tentazione, visibilissima per un istante, di evocare un potentissimo 'Forza Italia!' (ce l'aveva lì sulla lingua, ma si è trattenuto). Si presenta come un uomo moderato e consapevole. Flirta con le deputate ma senza eccedere in smancerie e quindi senza rischiare gli strali di Veronica Lario. In una piovosissima serata di fine maggio nella bassa emiliana, sotto un tendone inondato d'acqua della nuova festa del Pd, ex Festa dell'Unità, dal pubblico chiedono a Enrico Letta: "Dove ci sta fregando, Berlusconi?". E il Letta giovane spiega invece che secondo lui il capo del governo è sincero: punta al Quirinale come gran finale di carriera, sa di avere bisogno di un consenso largo, e quindi si comporta di conseguenza.

Piuttosto, non si capiscono bene le ragioni del diffondersi della fiducia e del sollievo. Dal punto di vista politico, il 'new berlusconism'è una miscela particolare. Per certi aspetti ricorda l'andreottismo, con iniezioni di decisionismo, anche se una lettura sommaria del sistema politico, sociale, amministrativo del paese induce il nuovo governo a considerare raggiunti gli obiettivi subito dopo avere emanato qualche ordinanza. Il populismo del Pdl consiste proprio nel lanciare dall'alto provvedimenti "voluti dalla nostra gente", i cui risultati sono invece tutti da verificare nel tempo e nello spazio.

Il resto dell'articolo lo trovate qui: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Cavaliere-show/2028468&ref=hpsp

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