sabato, giugno 14, 2008

The end of the honeymoon?




da corriere.it

Berlusconi e il Carroccio, torna la «sindrome dell’imbrigliato». Il caso di Napoli e «gli intralci al mio tentativo di governare»

Siccome raccontare è anche un modo di condividere il proprio stato d’animo, dagli ultimi racconti del premier emerge un senso di cupezza. È come se il Cavaliere si rendesse conto che il suo decisionismo si è impigliato.

Proprio così. Silvio Berlusconi sembra essersi impigliato nelle maglie della burocrazia, negli atti della magistratura, nelle manovre politiche degli alleati, in special modo della Lega. Perciò racconta, come a volersi sfogare. E non è un caso se ieri ha raccontato un episodio che - a suo avviso - è la testimonianza degli «intralci al mio tentativo di governare». Il problema dei rifiuti in Campania vuole risolverlo, anzi deve. «Bene, sono andato a Napoli. Ho tenuto la conferenza stampa, detto che verrà completato il termovalorizzatore di Acerra, annunciato il nome della società che porterà l’opera a compimento. E la mattina dopo cos’è accaduto? Che la procura è andata negli uffici di quell’azienda e ha sequestrato tutte le carte. Vi è chiaro? Hanno sequestrato tutto. L’amministratore delegato della società mi ha fatto sapere che volevano rinunciare. È dovuto intervenire Letta per farlo tornare sui suoi passi. Diglielo, Gianni». E «Gianni» ha ammesso di aver dovuto «faticare»: «La società voleva mollare, andarsene addirittura all’estero».

Ma il racconto legato all’«ennesimo episodio di intromissione della giustizia», serve a celare un’irritazione che si estende alle «direttive da applicare » da parte degli apparati dello Stato, e ai veti, agli scontri, alle faticose mediazioni che sono proprie della politica. Perché non c’è dubbio che «dopo una prima fase di gestione commissariale di Berlusconi, qualcosa è cambiato», lo ammette un fedelissimo del premier come il ministro Gianfranco Rotondi: «Ora Berlusconi deve fare i conti con le regole del gioco, che sono le stesse di sempre». Ed è la vischiosità che frena ogni sua decisione a far infuriare il Cavaliere, lui che durante la campagna elettorale aveva scaricato sull’Udc le colpe per gli errori e i ritardi del precedente governo, ed aveva motivato così la rottura dai centristi: «Non avverrà più».

«Ma in politica - spiega Rotondi - ci sarà sempre qualcuno che farà la parte di Pier Ferdinando Casini». Ed è nei leghisti che il premier rivede al momento le movenze dei centristi, è in quel suo «ne ho fin qui» che si riassume la fatica degli ultimi passaggi. Perché la legge sulle intercettazioni varata dal governo, non è la stessa che aveva in mente. L’avvocato-deputato Consolo del Pdl, l’ha pubblicamente sottolineato: «Berlusconi sette giorni fa aveva detto cose diverse. Forse avrà dovuto piegarsi alle richieste del Carroccio. Comunque si vede che il suo decisionismo va a corrente alternata».

Sarebbe però un errore voler sovrapporre l’immagine del Senatùr a quella di Casini, e lo stesso Francesco Cossiga spiega perché «è un errore»: «Tra Berlusconi e Bossi i rapporti sono eccellenti. Fosse per l’Umberto non sorgerebbero certi problemi. Sono invece i colonnelli leghisti a lavorare sotto traccia. Sanno di essere forti e usano la loro forza per centrare gli obiettivi che si sono prefissi. Ma non somigliano ai centristi, bensì a Rifondazione». È da verificare se l’ex capo dello Stato abbia davvero ragione, è certo però che l’intervista a Libero del titolare del Viminale, Roberto Maroni, non è piaciuta al Cavaliere, per il passaggio sul reato di clandestinità «che deve restare», e per quello sulle intercettazioni, dove «ha vinto il buonsenso». «Il gioco al ribasso su certi temi—secondo Cossiga—serve per ottenere di più su altri». Sarà. Certo Berlusconi è stufo di subire il lavorio ai fianchi, che va dalle questioni europee fino a quelle comunali. Ma un conto è la tradizionale posizione dei leghisti sull’Ue, altra cosa è che qualcuno tenti di sfruttare le difficoltà per destabilizzare il Pdl. Perché è stato abile il ministro dell’Interno alla conferenza Stato-Città, dove il sindaco di Milano ha fatto una sfuriata per i tagli: «Voglio capire. Togliete soldi a noi per darli a Roma? Io non sono disposta a pagar pedaggio per chi non è stato efficiente e virtuoso nella gestione». E Maroni: «Hai ragione, Letizia...».

Come non sapesse che il premier deve evitare il collasso del Campidoglio, che si è impegnato con Gianfranco Fini su questo. Come non sapesse che Giulio Tremonti cerca risorse, «altrimenti - spiegava giorni fa il ministro Altero Matteoli a un amico - senza finanziamenti per le infrastrutture e lo sviluppo, Silvio si può far benedire ogni giorno dal Papa...». E dire che «Silvio» aveva offerto del suo governo un’immagine diversa all’amico Bush: «È un mix di esperienza e gioventù. Ed è anche pieno di belle donne». Risposta del presidente americano: «Perché non le hai invitate qui a cena? ».

Francesco Verderami

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