venerdì, luglio 11, 2008

Il vero ministro della giustizia?




Denise Pardo per “L’espresso”

Li ha fatti fuori tutti. Uno per uno. E dire che erano tanti. Da Ennio Amodio a Gaetano Pecorella, suo grande sponsor, da Piero Longo, antico maestro, a Michele Saponara. La marcialonga dell'angelo sterminatore degli avvocati del premier si è consumata. E Niccolò Ghedini, legale e deputato, coordinatore regionale di Forza Italia in Veneto, è arrivato in cima a gestire e manovrare la gigantesca macchina della giustizia del premier.

Da una parte e dall'altra, il modello classico berlusconiano: dal Parlamento alle aule dei tribunali. Nella Repubblica delle bandane, il gelido alfiere del berlusconismo giudiziario, l'agit prop delle leggi ad personam secondo necessità, è riuscito a entrare nel cerchio riservato ai più alti papaveri della piramide berlusconiana e a diventare l'ombra del Cavaliere. Nel pubblico e nel privato. Dai lodi legislativi al lodo Veronica.

Ora è lui il falco dei falchi, l'uomo con il cerino in mano che ha dato fuoco al falò delle ostilità tra Palazzo Chigi e la magistratura, infiammando i primi cento giorni della sedicesima legislatura con l'inserimento della norma salva processi nel pacchetto sicurezza (per ora congelata). Con il disegno di legge sulle intercettazioni. Con il lodo ex Schifani ora Alfano, garanzia di immunità per Berlusconi.

Intanto, secondo Antonio Di Pietro, e non solo secondo il leader dell'Idv, è il vero ministro della Giustizia. Mica il giovane Angelino Alfano, anche grazie a lui seduto sulla poltrona destinata a Marcello Pera, uomo ben più ingombrante per Ghedini. Ma il gelido Niccolò, magari fosse solo il burattinaio del Guardasigilli. Per il Cavaliere è molto, molto di più. In mille occasioni l'avvocato ha fatto capire quanto avesse bisogno di lui: "Berlusconi è tanto buono e comprensivo".

Ergo, gli serve "una carogna" come si delizia nel definirsi lo stesso Ghedini. "Carogna? Ma no! È un galantuomo. Ha un garbo. Una gentilezza...", nega vigoroso Denis Verdini, coordinatore nazionale di Forza Italia. Che ammette, però, una certa "ghigna" e una somiglianza, in effetti, con Christopher Lee, insuperato interprete del vampiro Dracula. Certamente, però, gli uomini del Cavaliere riconoscono che Ghedini, allure fassinesca, mento che sembra un cactus, pianta cara al Cavaliere, è un Ogm, un Organismo giuridicamente modificato.


Alla commissione Giustizia della Camera su 20 sedute circa, è apparso solo una volta: "C'era di sicuro quando si è trattato di votare il presidente, l'avvocato Giulia Bongiorno", ricorda Roberto Rao, membro Udc della commissione. Per il resto, chi l'ha mai visto. Per forza. In troppe faccende è affaccendato il quarantovenne penalista di Padova, sposato con un figlio, reddito conosciuto 1 milione e 222 mila euro, ricco e possidente anche di suo, una villa strepitosa nella Bassa, una tenuta a Montalcino, in tutto 256 ettari di terra feconda che vale oro. Vive al fianco del Cavaliere. Respira insieme a lui. Non lo molla mai.

Il premier dorme cinque ore a notte? Pure lui. Il premier è a Palazzo Grazioli? Ecco, la figura spettacolare che si materializza, il codice penale sotto al braccio come una piovra. Il premier è occupato? Lui si piazza nello stanzino vicino alle segretarie, bene in vista quando Berlusconi apre la porta. Il premier va in vacanza e butta lì, tra un cactus e una soubrette, che bisognerebbe fare qualcosa sulla sicurezza?

Ghedini, come al solito imbucato, fulmineo butta giù una bozza (ben più di una, è dal 2005 che le scrive). Si infila nell'aereo presidenziale. Siede al desco di Arcore e di Roma. Partecipa ai summit più segreti: da quelli per le candidature a quelli per la scelta dei ministri, dalle riunioni su linea politica alle analisi di sondaggi. È abilissimo nell'applicare sul Cavaliere la tecnica superba del rapporto sadico che i bravi penalisti organizzano con i clienti migliori: lo terrorizza prospettandogli il rogo, lo rassicura con l'estintore di nuove leggi.

Anno dopo anno, giorno dopo giorno, diventa indispensabile. Cesare Previti, per i noti guai, esce dalla scena. Pecorella non rinunciando a una vita personale più piacevole, lascia spazi da riempire (punta alla nomina a giudice della Corte costituzionale, purché il processo per presunto favoreggiamento di un testimone per le stragi di Brescia vada a buon fine). Saponara fa ormai parte del Csm. E Longo, parlamentare anche lui, che aveva presentato a corte il suo giovane di studio, da capo è diventato di fatto il suo vice. Ghedini è sempre presente. Sempre sull'attenti.

Meglio di 'Wolf risolvo problemi', personaggio di ' Pulp Fiction' che riesce pure a far scomparire un cadavere. Per il premier, Ghedini redime anche gli infedeli, come quel ragazzo che osò lanciare sulla sacra testolina trapiantata un cavalletto. È il penalista a riportarlo sulla retta via, ottenendo da lui il pubblico perdono, con gaudio di Berlusconi. È uomo di pensieri forti. Gli iracheni, dopo la strage di Nassiriya? "Li manderei tutti a cag...", aveva commentato.

Le tasse troppo alte? "Vanno abbassate. Ma se evadi, in galera!", ha detto, e quella volta non avrebbe avuto l'ok del Capo. Gli è capitato di votare perfino con Anna Finocchiaro, quando era contrario alla legge sulla fecondazione assistita. "Vietare l'eterologa significa, per dirla con una battuta, il divieto di adulterio in vitro. Cosa faremo allora? Tra un po' puniremo anche l'adulterio?". Sembrava una sbandata. Era un furbata, col senno di oggi, lato intercettazioni.

"Avvocato Ghedini, è il caldo o sta rifacendo le solite domande perché oggi ci sono tutti questi giornalisti?", gli chiede il famigerato giudice Nicoletta Gandus (che vorrebbe tanto ricusare) durante una udienza del processo Mills, quello che verrebbe bloccato dalle nuove leggi. Sulla visibilità, Ghedini vacilla. A Padova, quando lo fermano: "Niccolò, te sè sempre en televisiòn", lui gongola. Ambiziosissimo, quando appare un giornalista si accende come una lampadina.

La gogna sarà pur mediatica. Ma quanto gli piace. Solo il 7 luglio, per dire un giorno, Alfano è silente e lui rilascia 21, dicasi 21, dichiarazioni alle agenzie. Sarà che Ghedini è un maratoneta dell'annuncio: è il primo a fare la televendita del provvedimento sulle intercettazioni e della Schifani. Ma il suo capolavoro è un altro. Si chiama Veronica.

Riesce a entrare anche nelle sue grazie, ("Sono amico di entrambi, soffrono, si amano"), conquistando definitivamente il Capo. Supera anche la crisi più forte: è lui a dare al Cavaliere la notizia della lettera di Veronica pubblicata su 'Repubblica' a seguito dei simpatici apprezzamenti del leader galletto a Mara Carfagna.

È sempre lui a chiamare lei, dopo, per conto di Silvio. Ci pensa Niccolò a parlare con la matrimonialista Anna Maria Bernardini De Pace. La matassa da sbrogliare è sempre la stessa. Orgoglio ferito, e va bene. Ma soprattutto, il peso e il gioco di equilibri non solo azionari, ma di potere e di influenza dei figli e di se stessa nell'impero ormai ben controllato da Piersilvio e da Marina e dagli uomini scelti da loro.

In questi giorni Ghedini ha avuto il suo daffare: è stato il confessionale di una parte e dell'altra, al ritorno di Veronica nel bel mezzo del tornado intercettazioni. Come direbbe il grande Eduardo, questa volta la nottata tra i due non è ancora passata. La variabile Lario incombe minacciosa. Anche perché non si può risolvere con i soliti metodi. Non se ne parla di costringerla ad accettare l'immunità permanente per l'impenitente consorte. Non si può imbavagliarla. Purtroppo, neanche ricusarla. Il lodo Veronica non s'ha da fare. Perfino per un avvocato del diavolo come Ghedini.

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