Come sia possibile tollerare tutto questo resta un mistero. Mi hiedo cosa ne pensino quei buffoni della Lega Nord, Bossi in testa.
Se questo articolo è vero ci si chiede come sia possibile che in una città come Milano esistano realtà del genere. Sarebbe la conferma dell'incapacità di Letizia Moratti. Io ho una mia pessima opinione della sindachessa, ma questi mi sembrano fatti. Altrimenti Galli & Giuzzi autori del pezzo andrebbero arrestati.
Fonte Corriere
Baby-sentinelle e pitbull feroci. Il ghetto della cocaina di Milano
Sei palazzi trasformati in una fortezza. E i bimbi in bici danno l’allarme. Unica telecamera girata verso il muro
«The ghetto of Milan», il messaggio di benvenuto alle case popolari di via Fulvio Testi, a Milano MILANO — In una cantina, sul muro, tra bestemmie e frasi di sesso, hanno tirato una scritta, enor me, che schiaccia e nasconde le altre: the ghetto of Milan. I pitbull vengono lasciati appesi una notte e un giorno a un albero, per edu carli alla rabbia, così diventano più che da guardia cani da assalto, assalto contro i poliziotti.
I bimbi girano su biciclettine nei grandi giardini interni spoglia ti di alberi, altalene, scivoli; hanno otto e nove anni, fanno le sentinel le per trenta euro a settimana. Quando arriva un estraneo, fischia no. Allora altri bambini vanno su e giù a bussare, due tocchi brevi e uno lungo, oppure tre lunghi e uno breve, è un linguaggio in codi ce. Bussano agli appartamenti di insospettabili e incensurati — ulti mi arrestati un magazziniere e una mamma — ai quali i boss, per quattrocento euro la settimana, or dinano di conservare la cocaina. La coca è acquistata dai narcotraffi canti sudamericani: le analisi della polizia scientifica hanno rilevato una purezza dell’84%. In città, do ve 150mila persone pippano in un anno sei tonnellate di roba, la me dia di purezza è del 40%, con un prezzo al grammo di 70 euro. Alle «case» è di 90, 100. È cocaina altro ve tagliata con aspirina, gesso e la velenosa stricnina, e qui invece trattata quasi con delicatezza. È la più buona. Non si tirano mai pac chi. E infatti c’è la coda.
Le «case» e basta. Le chiamano così. Lo schema (il fantasma?) di Gomorra. I boss garantiscono assi stenza legale e sostegno economi co a chi finisce in galera. Sei civici di palazzi popolari dell’Aler, l’Azienda lombarda di edilizia resi denziale; palazzi uguali e vicini, al ti nove piani, in mezzo a due stradone della periferia nord, prima che inizino Sesto San Giovanni e l’hinterland. I civici: 304, 306, 308 e 310 in viale Fulvio Testi; 361 e 365 in via le Sarca. L’Aler ha messo le «case» tra le priorità, manda ispettori, li rimanda; deve fare i conti con il 24% delle famiglie in arretrato da più di un anno con il pagamento dell’affitto. Dei 216 alloggi (36 in mano agli abusivi) la metà sono abitati da stranieri.
Ma questa non è una storia di stranieri. Negli anni Settanta i sei condomìni furono oc cupati ancor prima che chiudesse il cantiere. Negli anni Ottanta arri vò la solita soluzione all’italiana, una megasanatoria per tutti, fosse ro pregiudicati e operai (siamo in un’antica terra industriale, nobile e proletaria: la Pirelli, la Breda). I boss, racconta la polizia, sono i tre Porcino, fratelli originari di Melito di Porto Salvo, il Paese più a sud dell’Italia peninsulare, e due famiglie di nomadi italiani, i Braidic e gli Hudorovich. Gli investiga tori associano questi ultimi ai furti di motorini e auto (agguantati nei parcheggi dei vicini centri com merciali, trasportati nelle cantine delle «case», spezzettati e venduti), mentre sui primi la voce è una soltanto: cocaina.
Per comprare la droga l’accesso è su viale Fulvio Testi, da un parcheggio che costeg gia la cancellata e separa da un ho tel quattro stelle. C’è un’inchiesta della Direzione antimafia. Cocaina partita dalle «case» e consegnata agli emissari della ’ndrangheta in Calabria. Contatti dei padrini anche durante le partite allo stadio Meazza di Inter e Milan contro la Reggina, la squa dra di Reggio Calabria. La Reggi na, nel campionato appena finito, è retrocessa. La presenza del Comune è una telecamera che fa tenerezza e fa ri dere. Sporge da un muro, ha funzionato per qualche minuto; tem po di installarla, e i giovani si arrampicarono e la girarono verso lo stesso muro. Poi, certo, diranno che ci sarà il nuovo metrò. A dieci metri, su viale Fulvio Testi, sta sor gendo una delle stazioni della li nea 5. Il questore Vincenzo Indolfi con sidera questo posto una ferita, an zi, dice, «un tumore». Ha dato mandato al commissariato di Gre co- Turro, guidato da Manfredi Fa va, di martellare le «case». Fava ha una squadra di gente da strada, che salta amori e riposi. I risultati ci sono, anche se certe amministra zioni gradirebbero altre operazio ni, magari più in centro. Ogni due settimane, comunque, c’è un arre sto. Faticoso: i residenti non colla borano, non denunciano. Sotto missione. Terrore. L’abitudine che non prevede scatti, di rabbia o in dignazione. La routine di un’esi stenza in ciabatte e canottiera.
Andrea Galli
Cesare Giuzzi
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