venerdì, agosto 07, 2009

Giornalismo un po', come dire, merdique?




Ho lavorato troppo all'estero per considerare larga parte del giornalismo italiano degno di rispetto. Son della scuola che se la notizia c'è bisogna darla. Un premier che va a puttane è una notizia. Poi se il lettore non ci crede non compri il giornale (intanto il sito di Paolo Guzzanti è collassato per i troppi accessi. Adesso la direttora dell'Unità sul suo blog ci dice che "lo sapevano tutti", dell'esistenza della intercettazioni. Privacy un accidente allora. Queste andavano pubblicate e poi ci si poteva rivolgere all'Europa per chiedere se le menate di Ghedini (avvocato del premier pagato con soldi pubblici per fare il parlamentare) erano fondate o meno. Non pubblicarle vuol dire essere stati dei vigliacchi.

Dal blog di Concita de Gregorio
Iniezioni di fiducia

Su una cosa almeno Paolo Guzzanti stavolta ha ragione: lo sapevano tutti. I nastri delle celebri intercettazioni telefoniche (mai pubblicate) tra signorine poi diventate ministro sono stati sui tavoli delle scrivanie delle redazioni, dei ministeri, degli uffici parlamentari il tempo necessario - poco, ma sufficiente - ad essere letti, fotocopiati, spediti in allegato per e-mail a decine di persone, e da queste decine a centinaia perché ciascuno ha un paio di amici con cui condividere. È come la storia delle farfalline disegnate da Lui, delle cene di quaranta ragazze ogni venerdì, del via vai di sconosciute in auto blu a palazzo Grazioli. Lo sapevano tutti, non lo diceva nessuno. Tutti si fa per dire, certo. Tutti quelli che hanno accesso alle carte. Milioni di italiani no e tra questi milioni coloro che vedono solo la tv non l'avrebbero saputo mai (la televisione, come vi diciamo oltre, è Cosa Sua). Ci sono i giornali, però, sebbene pochissimi, a raccontare. C'è il passa parola. Io le intercettazioni di cui parla Guzzanti le ho viste e poco importava allora che il fido Ghedini dicesse che non esistevano, poco importa che dica adesso, smentendo se stesso, che sono state distrutte. Non erano «rilevanti penalmente», certo, ma esistevano eccome e pensandoci col senno di poi avrebbero potuto dare indicazioni certe sulla composizione definitiva del governo. Le protagoniste dei dialoghi siedono tutte in Consiglio dei ministri. Del resto il Presidente è generoso, le ragazze lo sanno e in genere lasciano sul comodino il curriculum. Per l'Europarlamento, ultimamente c'era quello disponibile. Ricordo uno spettacolo di Luciana Littizzetto, l'estate scorsa al Festival di Spoleto, ne riferiscono le cronache del tempo. Trascrivo. «A proposito del caso delle intercettazioni il monologo ne svela i contenuti e racconta dei consigli sulle iniezioni da fare nel corpo cavernoso che trasformano il «walter» in una stecca da biliardo». Il corpo cavernoso, le iniezioni sul «walter». Lo sapeva anche lei.

E leggete cosa viene considerato "un tema minore". Se il Presidente ha davvero chiesto una cosa del genere sarebbe causa di dimissioni, altro che TEMA MINORE. Non è giustizialismo, è come si tratta la cosa pubblica nel primo mondo,

SECONDA PARTE
Ora la polemica è col Quirinale, che smentisce di aver chiesto che non fossero pubblicate come Guzzanti sostiene. È un tema minore: se qualcuno avesse voluto o potuto correre il rischio di pubblicarle violando la legge lo avrebbe fatto comunque, ignorando eventuali consigli. Non sarebbe del resto stata la prima volta, né l'ultima. Piuttosto è centrale un altro argomento, questo sì funzionale alla cancellazione delle prove: il controllo dell'informazione tv da parte del Premier. La guerra in corso tra Mediaset e Sky, una guerra personale del presidente imprenditore contro Murdoch, sta svuotando di denari e di contenuti la Rai, tv pubblica. Un danno collettivo in nome di una battaglia privata. Ecco una prova di cosa sia il conflitto di interessi. Il prezzo lo paga chi accende la tv, il prezzo più alto chi ha solo quella per conoscere e capire. Nel mondo reale intanto gli operai dell'Innse continuano a difendere il posto di lavoro barricati sulle gru. La benzina aumenta, come sempre d'agosto, il governo tace: ne parla Stefano Fassina. La Corte europea condanna l'Italia a risarcire un detenuto carcerato in condizioni disumane, ne parla Luigi Manconi. Se il risarcimento lo chiedessero tutti non basterebbero i miliardi del Sultano, nemmeno quelli conservati molto lontano da qui.

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