venerdì, giugno 26, 2009

Roberto D'Agostino on Michael Jackson




Fonte: dagospia.com

1999 - ODIOGRAFIA DI MICHELINO DI ROBERTO D'AGOSTINO
Si spengono le luci, tacciono le voci, e nel buio senti sussurrar una voce "quadrisex". Una specie di incrocio tra Orietti Berti e il mago Solange. Provatevi un po' a passare una serata in compagnia dell'ultimo cd di Michael Jackson, stroncato sui due lati dell'Oceano da qualsiasi critico dotato di orecchio, e vi accorgerete subito che la razza umana si divide in tre categorie: uomini, donne e Michael Jackson. Per la veritα, il nostro Bambi da discoteca nasce "afro" colle chiome a cespuglio e il naso a tronchetto, però per i genitori cominciarono subito le tribolazioni: riuscirono a farlo iscrivere all'anagrafe tra i maschietti solo per insufficienza di prove...

E' interessante seguire la mutazione fisica del pupo nero non solo per mera malvagitα pettegola-mondana, gusto bieco della battuta, gratuita voglia di dissacrare un mito contemporaneo; ma perché Cicciolino Jackson rappresenta, nel suo piccolo, uno scoraggiante capitolo della nuova antropologia di fine Novecento. Uno degli obiettivi conclamati degli anni Ottanta è stato il mito della bellezza. Petto in fuori. Pancia in dentro. Endovena di creme antirughe. Guai ad avere la ciccia ai fianchi o un volto "spettinato" da Madre Natura. Tutti belli e in perfetta forma, pena il lifting o il jogging.

La teoria più accreditata attribuisce tale perfidia, tanta cattiveria, a un tema ben noto alla psicoanalisi: quello dell'identitα. E insomma la bellezza sarebbe una risposta, malata, alla ricerca, irrisolta, del proprio significato nel mondo, e alle conseguenti sofferenze emotive esplose col famigerato "crollo dei valori" politici, ideologici, religiosi. Da "Servire il popolo" a servire il proprio corpo, il passo è stato violento e spesso demente in direzione di una sorta di destino artificiale. Questo destino artificiale è quello di divenire protesi, vergine frutto di un'estetica glaciale, spogliata di tutta la sessualitα, androide di cui si è potuto fare prodotto di sintesi, individuo geneticamente 1-2-X.

Nel corso degli anni Ottanta, ossessionato dal peso razziale e dal mito della bellezza, Michael Jackson è riuscito a passare quella linea invisibile che separa due colori. Il nero e il bianco si sono fusi per dare per dare vita a un'inedita specie: la razza "biegra", terribile crasi dei termini bianca e negra.

Dall'evoluzione della specie all'involuzione della pelle, ci sono voluti una dozzina di interventi di chirurgia plastica. Nel 1979, quando ancora assomigliava a Toto Cutugno, Michael si affida a un celebre chirurgo di Hollywood - un tipino capace di trasformare in levriero anche un bassotto - e ne esce con la pelle più liscia e più chiara, praticamente scartavetrata, il setto nasale abbattuto a colpi di piccone, punta del naso rialzata con il crick, il mento allargato con applicazione sottocutanea di cariche di tritolo.


Di follia in follia, Bambi-Jackson abbandona definitivamente il feeling per il leasing della pelle. Gli ultimissimi ritocchi al faccino dell'efebico pupo riguardano l'assorbimento delle sacche lacrimali, una nuova riduzione delle narici, la diminuzione del labbro superiore, una fossa sul mento, gli zigomi rinforzati con iniezioni di sostanze sintetiche, la minigonna accorciata di cinque centimetri.

Si è rifatto tante di quelle volte che ormai il suo corpo l'ha donato alla scienza. Persino sua madre lo riconosce ormai solo dalla voce. Dai più distratti, viene scambiato per Diana Ross. Del viso "originale" di Michelino, infatti, è rimasto ben poca cosa. Un gomito, un dente del giudizio, l'alito (cattivo). Dice Beppe Grillo: "Gli auguro che diventi bianco, e al governo vadano i negri, così gli fanno un culo così".

Reazione omuncolare tra Mick Jagger e Tiramolla, questo fichetto di 40 anni canta come una Gigliola Cinquetti raffreddata, ma veste come un Mago Zurlì accaldato. Simbolo di quei tempi, in cui ognuno cercava di essere quello che non è, possiede in realtα la perizia e il gusto di un piccolo Mozart - il suo album "Thriller" è di sicuro un capolavoro del decennio trapassato.

Sospeso in superficie, tra il sesso maschile e quello femminile (i volgarotti direbbero che è cappone), appeso alle giravolte di un bisturi, per l'artista che ha saputo dimostrare che non esiste lo sporco impossibile in natura, resta un sol cruccio: la denuncia per avere abusato sessualmente di un tredicenne.


Di nuovo si spengono le luci, ritacciono le voci, e nel buio senti sussurrar accuse infamanti, insulti irripetibili, dicerie ignobili. Così dopo aver ricevuto circa 2O milioni di dollari dal suo sponsor, la Pepsi Cola, non è più il testimonial della bibita con le bollicine. Inseguito dalla giustizia americana, protestato dallo sponsor, tartassato dai mass-media, avvolto da un'ombra sempre più densa e notturna, Jackson avrebbe tentato di uccidersi.

Quindi lo scandalo si arricchisce di un siparietto da tragedia greca, zona fratricidio. In un conferenza stampa tenuta in un hotel di Tel Aviv, LaToya, sorella della pop star, è leggera come un bull-dozer nel tagliare il pisellino di Michelino. Davanti alle telecamere racconta per filo e per segno l'ossessione pedofila del fratello, lo tartassa brutalmente rivelando che persino la mamma lo definiva una "checca". "Non posso più rimanere zitta sui reati commessi da Michael su bambini piccoli e innocenti. E' molto difficile per me, perché Michael è mio fratello e l'amo molto, ma non posso essere una muta collaboratrice dei suoi crimini. Mi sento addolorata per questi bambini che non hanno più vita".


Con un tono bisogna dire da gran figlia di buona donna, LaToya ha proseguito: "Ho visto assegni intestati ai genitori di questi bambini. Me li ha fatti vedere mia madre e le cifre sono consistenti, non si tratta certo di noccioline". Ai giornalisti che la incalzavano sperando di farla capitombolare rendendola incredibile (va detto che LaToya ha una faccia talmente falsa, ricucita dal bisturi da non suggerire una immediata adesione alla sua pretesa buona fede), la sorellina ha svuotato a microfono aperto la fogna di famiglia: "Non vi sembra strano che un uomo di trentacinque anni trascorra trenta giorni insieme a un ragazzino o che stia con lui cinque giorni e cinque notti in una stanza senza mai uscire?".
La favola dorata di Michael Jackson è finita così: trucidamente, con spettacolare cattiveria, catastrofica come certi temporali d'estate. L'octopus della celebrità ha tirato fuori ventose e tentacoli, e poi l'ha sommerso nel nero seppia.

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