domenica, giugno 14, 2009

In Italia uno si alza e dice cazzate 3

Trascritto da Repubblica
La lezione del grande venditore "Vinco con la politica del cucù"

Il premier: così sono diventato amico della Merkel e del raìs

"A una che ha una figlia brutta, devi raccontare che la sua bambina è meravigliosa"
Applausi a Sacconi che invita i laureati a fare anche gli imbianchini pur di lavorare
"Ma davvero la Libia era italiana", si chiede qualche giovane imprenditore

ALBERTO STATERA
Santa margherita ligure - Gorgonzola e vino passito a Zapatero. Scherzetti ad Angela Merkel, «una che viene dai paesi dell´est». Tanta pazienza con Gheddafi, come si usa per un «cliente originale», cioè un po´ scimunito. Con un solo imperativo categorico: «mai mani sudate» con il «cliente».
Per la prima volta, dinanzi alla platea di giovanotti in gessato ammorbiditi da scarpe da ginnastica e di giovanotte in push-up pettorale e tacco da dodici, che si spellano le mani quando il ministro Sacconi invita i laureati ad andare a fare gli imbianchini - che c´è tanto bisogno - Silvio Berlusconi con tono autorevolmente didascalico tiene una lectio magistralis sulla «politica del cucù». La politica che tanto prestigio gli sta procurando all´estero. La chiama così lui stesso, con apprezzabile tasso di presunta autoironia. Di fronte a un popolo un po´ stralunato di confindustrini, che in perfetto digiuno di libri di storia patria si chiede perplesso che cosa mai abbia a che fare l´Italia con la Libia e con il colonialismo, cui vende il perfetto manuale del giovane venditore. L´amicizia con Gheddafi - dice il premier - era obbligatoria. Nasce dal fatto che uno che governa da quarant´anni è per forza non un dittatore, ma un uomo «intelligentissimo». Anche se, dobbiamo presumere, un po´ meno di Stalin che comandò soltanto per ventinove anni.
Nella politica del cucù, il «brand» presidenziale nato dal richiamo che da dietro un pennone portabandiera egli stesso lanciò al perplesso cancelliere germanico che viene dall´est il 17 novembre del 2008, c´è una filosofia di comunicazione che il premier ha deciso di rivelare ai giovani adepti che per venticinque volte, salvo errore, l´hanno applaudito ieri a scena aperta durante il concitato intervento, nel quale ha denunciato un pericoloso «progetto eversivo» nei suoi confronti.
Singolarità vuole, nonostante i tentativi di Emma Marcegaglia e Federica Guidi di riportare il tutto nei binari il dibattito di un paese serio, che l´ovazione della giovanile platea scattasse soprattutto in coincidenza con i capitoli più in consonanza con i raffinati calembour presidenziali in stile «Bagaglino».
«La politica - racconta il premier travolto da un irrefrenabile applauso - è come fare la corte alle ragazze. «Se te ne vuoi rimorchiare una non è che le dici: "Vieni fuori con me sabato". Le dici: "Vuoi uscire con me sabato o venerdì?". Questa è la politica, ragazzi. A una signora con uno sguardo un po´ da talpa devi dire che ha «gli occhi trasparenti». A una che ha una figlia cozza, devi raccontare che la sua bambina è meravigliosa. A uno che ha una cravatta orrenda devi dire: «Che bella cravatta primaverile!» E, soprattutto, a uno che ha la mano sudata, che bagna irrimediabilmente la tua per i successivi stringimano, rischiando di farti fare brutta figura, devi dichiarargli sorridendo: «Che bella stretta che hai!».
Applausi, applausi. Più o meno per un decalogo analogo a quello che veniva fornito vent´anni fa ai venditori di Publitalia capeggiati da Marcello Dell´Utri, rivenduto oggi a questi giovani imprenditori, che ad ognuno dei venticinque applausi fanno un po´ più tenerezza.
Girano in Suv o in Porsche da 300 cavalli, incedono nei cinque stelle con la sicumera dei padroni, ma non sanno neanche lontanamente che cosa fece l´Italia mussoliniana nelle colonie. Ma davvero la Libia era italiana? Si spellano le mani quando un ministro del Lavoro in carica gli dice: i giovani laureati vadano a lavorare, facciano i commessi o gli operai, che gli fa bene. Ma talvolta non sanno neanche quel poco di storia che i loro coetanei destinati a fare gli imbianchini forse maneggiano.
E´ così, con la politica del Cucù, che «si rendono gradevoli le amicizie» con i capi di Stato e di governo, come è stato ampiamante sperimentato nelle convention di Publitalia. E come il mondo in realtà è costretto a riconoscere perché alla guida del paese - ci informa il premier - «adesso c´è un tycoon, un grande imprenditore come Gianni Agnelli, che ha considerazione come uomo politico, ma prima ancora ne aveva come imprenditore». Questo per norma e regola di tutti quelli i quali dicono che «bisognerebbe comportarsi in modo diverso» sulla scena internazionale.
L´artrosi cervicale che lo tormenta e il cortisone che deve assumere, come per la sciatalgia che due anni fa lo colpì quando saltò sul palco dinanzi agli industriali di Vicenza, non hanno impedito al premier di firmare alle tre di notte di venerdì l´ultimo dei tredici appalti che consentiranno di costruire le nuove case all´Aquila entro il 30 novembre (applauso). Segue descrizione degli appartamenti provvisori in fase di realizzazione, due vani e bagno, che fanno dell´Italia «un esempio unico nella storia di tutto l´occidente» (applauso). Per non dire dei trenta appartamenti che tra poche settimane ospiteranno all´Aquila i capi di Stato e di governo, dotati di tutti i comfort, persino della palestra Tecnogym per il benessere fisico di Barack Obama, come dal palco ha già rivendicato l´imprenditore Nerio Alessandri (applauso).
La politica del cucù, come il premier l´ha ieri perfettamente definita, si nutre delle tecniche del Venditore, come tanti anni fa recitava il titolo di un libro di Peppino Fiori, che la platea dei giovani investita delle sorti future del paese e chiamata a raccolta per superare la crisi, ha apprezzato ben oltre qualche imbarazzato sorriso della prima autorevole fila, di fronte alle iperboliche vette oratorie.
La notizia da Santa Margherita non è oggi la pregevole, ma già vista performance del leader. Sono gli applausi, in tempi di crisi, di una platea che rischiamo di veder soprannominata da quegli snob dell´Economist «rednecks», nuche rosse, per il sole preso nei campi. O in spiaggia.

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