martedì, giugno 23, 2009

Facciamo un po' come cazzo ci pare



È questo il vero tema del contendere: la sicurezza e il fare strame delle istituzioni

Fonte Corsera

«Gianpaolo disse: tutti invitati A villa Certosa senza controlli». Parla Mannarini, l'ex collaboratore del re delle protesi

BARI—«A Villa Certosa siamo entrati senza essere sottoposti ad alcun controllo. Abbiamo superato tre varchi dove c’erano addirittura dei blindati, ma nessuno ci ha perquisito né ha controllato nelle borse delle signore». Alessandro Mannarini, 35 anni, è indagato nell’inchiesta della procura di Bari per detenzione di sostanze stupefacenti. Ex amico e collaboratore di Gianpaolo Tarantini, ha trascorso l’estate del 2008 nella splendida dimora che l’imprenditore barese aveva affittato a Porto Cervo. Ma sulle ragazze portate a casa del premier giura di non sapere nulla. «Perché—spiega—il 6 settembre i nostri rapporti si sono interrotti ». La vita spericolata del «re delle protesi » ha però avuto modo di conoscerla bene: «Sono amico d’infanzia della moglie e con lui mi frequentavo da quando si sono sposati». E adesso ricorda quella festa «poco prima di ferragosto alla quale Gianpaolo fu invitato e decise di portarci». Ma soprattutto conferma quanto i magistrati avevano già evidenziato: gli accessi incontrollati nelle dimore del presidente del Consiglio. «Ho fatto un video e scattato foto con il telefonino », ricorda, confermando così l’eventualità che molte altre persone— soprattutto tra le ragazze invitate per feste e vacanze—possano avere materiale analogo.

I magistrati lo hanno convocato dopo aver ascoltato le telefonate intercettate sul suo telefonino durante quei due mesi trascorsi in Sardegna. Numerose conversazioni durante le quali si fa riferimento alla droga. «Chiarirò tutto — assicura Mannarini—perché quel telefono era a disposizione della casa e dunque è possibile che non fossi io a parlare ». Lo ha detto anche al magistrato, aprendo così la strada ad altri accertamenti che riguardavano il proprietario della villa, Tarantini appunto, e gli altri suoi ospiti. Gli indizi sull’utilizzo della cocaina sono più d’uno. Lo stesso imprenditore in una conversazione promette ad una ragazza una notte di sesso e droga. Mannarini si chiama fuori: «Sono fatti suoi, ognuno risponde di sé, ma io di coca in quella casa non ne ho mai vista, altrimenti avrei buttato tutti fuori ». In realtà le verifiche riguardano i numerosi eventi organizzati nella villa. Feste con centinaia di ospiti alle quali avrebbe partecipato anche un ragazzo di nome Nick, sospettato di essere un pusher della Bari che conta. Come il «white party» che lo stesso Mannarini si premurò di organizzare. «Accuse infondate— giura lui—millanterie. L’obbligo per gli ospiti era soltanto quello di essere vestiti di bianco».

Nessuna imposizione c’era invece per accedere a Villa Certosa: «Un giorno, verso le 18, Gianpaolo ci disse che eravamo tutti invitati da Berlusconi. In casa eravamo una decina,ma poi lui, generoso come al solito, fece aggiungere anche altri». Mannarini non sa se il premier avesse chiamato direttamente «però ricordo che comunicò a qualcuno i nomi degli ospiti che si erano accodati ». Dice di non essersi affatto stupito «perché noi lì frequentavamo anche persone più importanti». Ma «escluderei che il tramite fra i due possa essere stata Sabina Began, io la conosco e non credo sia andata così». «Alla cena—ricorda—eravamo una sessantina di persone, tutte sedute intorno allo stesso tavolo. Io sono capitato proprio di fronte a Berlusconi. Vicino a me c’era una ragazza e subito dopo Gianpaolo». Aveva portato ragazze? «Lo escluderei, perché quella sera c’era sua moglie». E all’ingresso non siete passati neanche sotto i metal detector? «No. Abbiamo lasciato le auto tra il primo e il secondo portone e siccome bisognava fare circa sei chilometri per arrivare su, ci hanno portato con le macchinette elettriche come quelle del golf». Durante il suo interrogatorio Mannarini, assistito dall’avvocato Marco Vignola, ha fornito i dettagli di quella festa e ha aggiunto che «qualche giorno dopo Gianpaolo fu invitato di nuovo a pranzo perché c’era Abramovich». Poi conferma come le domande mirassero a «conoscere i rapporti tra Tarantini e Berlusconi, ma anche quelli con altri politici, volevano sapere con chi facesse affari ». E lei? «Ho detto che il nostro rapporto si era interrotto, ma avevo saputo che continuava a vedere il premier. Me lo raccontò un amico e io risposi "buon per lui"». Soltanto questo? «Il magistrato mi ha chiesto di Sandro Frisullo. Io ho risposto che lo conosco personalmente perché è di Lecce e li ho visti qualche volta passeggiare insieme. Ma che cosa si siano detti io proprio non lo so».

F. Sar.

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