sabato, giugno 13, 2009

Gaetano Saya




L'ex massone dagli arresti domiciliari respinge le accuse. "La Dssa è un ente pubblico, come la croce rossa". "Macché Gladio bis, le autorità sapevano
Gaetano Saya si difende

di FRANCA SELVATICI

FIRENZE - "Secondo lei uno può costituire una polizia parallela senza che le autorità siano informate?". Gaetano Saya è chiuso nel suo bell'attico in una strada elegante di Firenze. L'appartamento è sottosopra. La perquisizione ha lasciato segni ovunque. "Qui è passata la rivoluzione", si scusa la moglie, signora Maria Antonietta Cannizzaro. E' lei a dar voce alle ragioni del marito, che non può rilasciare interviste.

Per lui parlano i segni della sua attività e delle sue passioni. Una collezione di caschi dell'esercito e della polizia. Tre grandi bandiere, una italiana, una statunitense e una israeliana. La riproduzione di un particolare del Giudizio Universale. Una postazione di computer. E carte ovunque, sopravvissute non si sa come al sequestro. C'è un invito dell'ambasciatore israeliano alla cerimonia per il 57esimo anniversario della fondazione dello Stato di Israele. C'è un bigliettino d'auguri del generale Nicolò Pollari, direttore del Sismi.

Sono indirizzati a lui in persona - assicura Saya tramite la moglie - e sono le prove, a suo giudizio, che non c'è niente di parallelo né di illegale nel suo Dssa. E che tutto è stato fatto alla luce del sole.

"Mio marito - spiega la signora Cannizzaro - intende chiarire che il Dipartimento Studi Strategici Antiterrorismo è un ente di diritto pubblico. Come la Croce Rossa. Mentre la Croce Rossa si occupa di assistenza, il Dipartimento è un centro studi di monitoraggio sul terrorismo islamico, che non si è mai arrogato funzioni di intelligence sul territorio italiano".
Della sua esistenza erano stati informati "i Ministeri dell'Interno, della Difesa, della Giustizia, la Procura generale di Roma, il Sismi, il Sisde, il Comando generale della Guardia di Finanza, le Ambasciate di Stati Uniti e Israele. E Shape, il Comando Supremo della Nato in Europa. Il Centro Studi è stato richiesto in ambito Nato. L'idea era quella di creare una struttura di ascolto e di valutazione sul terrorismo islamico".

Nessun mistero sui finanziamenti, sottolinea per conto del marito la signora Saya: "Il Centro ha chiesto i fondi alla Commissione Sicurezza di Bruxelles, ed è in attesa che la pratica venga completata. E' la conferma che è una struttura assolutamente pubblica. La richiesta era per 32 milioni di euro: è scritto anche nell'ordinanza di custodia cautelare". Nessun mistero anche sull'adesione di tanti esponenti delle forze dell'ordine: "Tutti possono aderire, in qualità di consulenti tecnici esterni. Nessuno è stato truffato. E fra di loro ci sono anche funzionari ai vertici delle forze di polizia".

Gaetano Saya respinge, attraverso la moglie, l'ipotesi che il Dssa sia una sorta di Gladio riciclata: "Non è così. I fondatori del Dipartimento sono stati agenti segreti ma non lo sono più". E i rapporti fra Dssa e Servizi? "Qualunque informazione raccolta è sempre stata trasmessa tramite relazione al Sismi e al Sisde. Il Dssa è stato il primo a scoprire le moschee sotterranee e stava completando uno studio importantissimo sul riciclaggio e il finanziamento ad Al Qaeda attraverso i call center, i kebab e le macellerie islamiche".

"La verità - fa sapere - è che l'Italia è stata ormai invasa dai musulmani. E la prova è che il Dipartimento, l'unica struttura che poteva efficacemente combattere il terrorismo islamico, è stato bloccato. Ha ragione Oriana Fallaci quando dice che l'Europa ormai si è arresa". Secca la replica all'ipotesi che il Dssa sia un servizio deviato: "Se lottare contro il terrorismo islamico significa far parte di un servizio deviato, allora il Dssa è un servizio deviato".

Gaetano Saya suppone che il Centro Studi possa essere finito sotto inchiesta "forse perché aveva fatto sapere di essere a conoscenza di alcune verità scomode sulla liberazione di Giuliana Sgrena". Per esempio? "Per esempio che gli otto milioni di euro del riscatto potrebbero non essere mai usciti dall'Italia e che Nicola Calipari non è stata una vittima casuale".
Ma è possibile, secondo Saya, che il Dssa sia caduto in disgrazia anche per altre ragioni.

"Perché - spiega la signora a nome del marito - il nostro lavoro è molto gradito in Israele e negli Stati Uniti. E perché Gaetano Saya stava spiccando il volo. Stava diventando troppo potente. Fra l'altro era in predicato per divenire ambasciatore di un paese del Centro Africa minacciato dalla componente musulmana della popolazione. E non ha mai nascosto di voler diventare il ministro dell'Interno. Ma non è finita qui. Perché un giorno ministro dell'Interno lo diventerà".

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